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SEMPLICITÀ E STRAVAGANZA

QUANDO “ LA SEMPLICITÀ È PIÙ DIFFICILE DA CREARE DELLA
STRAVAGANZA FINE A SÉ STESSA” (FRANCA SOZZANI)

TESTO DI ELISABETTA RIVA – FOT DI ANTONIO MARCADANTE

Al centro della vasta piazza Sempione, che funge da testata della strada del Sempione, sorge un austero e imponente monumento, uno dei maggiori monumenti neoclassici di Milano. Il primo arco fu eretto nel 1806 per festeggiare un matrimonio: i novelli sposi Eugenio di Beauharnais, viceré d’Italia nonché figlio adottivo di Napoleone, e Augusta di Baviera, convolati a nozze i primi giorni di gennaio del medesimo anno. La prima versione venne creata su disegno del marchese Cagnola, che si occupò di progettare anche la nuova opera. L’Arco divenne infatti “Arco della Vittoria”, a simboleggiare e festeggiare la vittoria della battaglia francese del 1807. A supervisionare i lavori ci fu
anche Napoleone. Il progetto venne però abbandonato – a due terzi e con diverse statue già concluse – in seguito alla caduta del Regno italico, e solo nel 1826 venne ripreso con un nuovo significato: Ferdinando I d’Austria, infatti, decise di dedicare il monumento alla pace tra le nazioni raggiunta con il congresso di Vienna nel 1815. Il 10 settembre
del 1838 una cerimonia presieduta dall’imperatore Ferdinando I d’Austria venne inaugurato quello che ancora oggi è conosciuto come l’Arco della Pace. Nel 1859 l’Arco della Pace divenne il simbolo di Milano quando Napoleone III e Vittorio Emanuele II lo attraversarono per celebrare la vittoria di Magenta, che liberò la città dalla dominazione austriaca. Insieme ai due caselli daziari posti ai suoi due lati, l’Arco della Pace forma Porta Sempione.

Ed è in questa zona, dove la storia è protagonista e dove si respira l’autentica eleganza milanese – una zona residenziale elegante a due passi dal centro storico, con viali alberati, complessi storici, musei e locali per i giovani – che ho appuntamento per visitare una residenza. Prima di incontrare la proprietaria, ho fatto alcune ricerche e ho scoperto che il palazzo in cui si trova fu edificato nell’ambito delle previsioni urbanistiche conseguenti al Piano Beruto (1884) per le aree adiacenti al Parco Sempione. L’edificio, tipico esempio di architettura eclettica, presenta uno sviluppo di cinque piani fuori terra e la facciata principale percorsa da un’ampia fascia marcapiano che suddivide il rivestimento in finto bugnato del piano terra da quello a semplice intonaco dei piani superiori.
Le aperture sono sottolineate da cornici e sormontate da timpani di diversa foggia, mentre l’androne d’accesso rivela un soffitto a volte riccamente decorato con stucchi a motivi floreali (poi ripresi sul fronte interno). Gli interni conservano ancora parte degli originali infissi: parquet, stucchi decorativi e la pregevole scala ellittica centrale in marmo e ferro battuto. Io ho appuntamento al terzo piano e salgo a piedi la bellissima scala, che sembra una spirale irregolare, inclinata e morbida. Giunta al terzo piano, trovo ad accogliermi la gentile proprietaria che mi conduce nel lungo corridoio dove noto subito, ai lati, la presenza di tre archi: una soluzione eccellente per dare profondità e per la suddivisione in zone dello spazio senza usare le porte. La mia attenzione è attirata immediatamente dalla stanza che intravedo al termine del corridoio e chiedo alla signora se può mostrarmela per prima: è una sala da pranzo grigia, con un lungo tavolo di almeno due metri e mezzo e un antico camino in marmo rosa, e che è collegata a un’altra stanza, attualmente adibita a studio. La proprietaria mi racconta un curioso aneddoto: in origine, quando ha acquistato la casa, le due stanze erano separate e vi era un muro fra le due; nell’abbatterlo per ricavare due stanze collegate, appunto, lei e la sua famiglia hanno ritrovato nel muro la porta originaria con tanto di vetro – un vetro giallo lavorato – che recava ancora nella toppa la chiave con attaccato un pompon verde.
Torniamo, quindi, nel corridoio dove da un lato ci sono una bella cucina abitabile – in cui risalta l’isola in laccato nero – e la lavanderia, mentre dall’altro ci sono una camera di servizio e il bagno della zona giorno.
Sul lato destro del corridoio c’è un’originalissima “sala rossa”, che per la famiglia è la sala televisione, che ha un soffitto ottagonale con stucchi decorati e le pareti rivestite con una boiserie di un bel tono di rosso. La stanza, silenziosissima, dà sull’interno del palazzo e ha al suo interno una
porticina – sempre rossa – che la collega alla cucina. Nella zona notte, separata da quella giorno da un’altra porta sempre in vetro giallo lavorato, si trova innanzitutto una camera da letto con bagno en suite e cabina armadio e, a seguire, una master bedroom di almeno 30 mq con una finestra, una porta finestra, antibagno e bagno. Il pensiero che mi si affaccia alla mente, non appena mi congedo dalla signora, è che la casa ha un carattere deciso: colori forti, forme nette, spazi definiti e ordinati, equilibrati e ben organizzati, in cui rumore e chiasso è meglio lasciarli fuori dalla porta. E, per quel poco che ho potuto constatare, mi pare di poter affermare che rispecchi appieno la personalità della sua proprietaria.