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FORTUNATO DEPERO

SGOMMA, IMPENNA VA A MANETTA
TESTO MAURIZIO FERRARI – FOTO HENRY CONWELL/ARCHIVIO

«…Disegnavo, dipingevo, modellavo, scolpivo con passione precoce e tumultuosa frenesia di autodidatta. Incontrai Rosetta a 14 anni… m’infiammai di lei a 18 anni… due anni dopo la rapii a Roma. Scoppiò la guerra mondiale. Rosetta guadagnava per tutti e due… io zero soldi e 1000 di vita e d’arte. Conobbi il vortice futurista ed i suoi diavoli creatori. Il motto di Marinetti, marciare e non marcire, m’inebriò…». Così si descrive Fortunato Depero nella biografia contenuta nel Libro Bullonato del 1927, il racconto della sua vita e dell’incontro con il Futurismo. Prima di dare alla luce questo testo, però, di acqua sotto i ponti ne era già passata parecchia. Fortunato Depero nacque nel 1892 a Fondo in provincia di Trento e morì a Rovereto nel 1960, sempre in provincia di Trento. Fu uno degli artisti italiani meno provinciali: Roma, Parigi, New York, Venezia, Milano furono alcune delle città dove soggiornò o partecipò a importanti esposizioni.

Pittura, scultura, design, scrittura, pubblicità, comunicazione, teatro furono, invece, gli ambiti dove la sua creatività trovò spazio. Depero fu un artista poliedrico e nel futurismo di Marinetti trovò il giusto terreno per crescere ed esprimersi. Depero incontrò il mondo dei futuristi nel 1913, quando si trasferì a Roma con Rosetta, la donna che gli fu vicino per tutta la vita. Prima di scendere nella città eterna diede alle stampe il suo primo libro: Spezzature. Un’opera che presenta Depero come artista dalle molte sfaccettature, composta da poesie, pensieri, prosa e disegni: dove emerge il desiderio di Depero di trovare la propria collocazione nel panorama artistico italiano. Marinetti, Balla, Boccioni e gli altri esponenti del Futurismo l’accolsero tra le loro fila, dandogli l’humus necessario per crescere ulteriormente.

Il Futurismo voleva cambiare il mondo dell’arte e non solo, spazzare via il passato e le vecchie tradizioni rifacendosi al dinamismo della vita moderna, alla civiltà meccanica. Voleva un’arte nuova, non più elitaria e confinata in musei e spazi aulici. Depero sposò questo movimento e nel giro di pochi anni ne diventò uno dei massimi esponenti. Nel 1914 partecipò a Roma all’Esposizione Libera Futurista Internazionale che si tenne nella Galleria Futurista di Giuseppe Sprovieri: fu l’unico a vendere tutti i quadri esposti. L’anno successivo firmò, assieme a Giacomo Balla, il manifesto di Ricostruzione Futurista dell’Universo. Volevano fondere assieme tutte le idee nate dal 1909 in avanti e dare loro un corpus così da “ricostruire l’universo rallegrandolo”. Il risultato fu la creazione del “complesso plastico dinamico” capace di riunire tutto, dalla scultura alla pittura, dal rumorismo alla dinamicità. Idee che portò aventi negli anni successivi.

Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale scompigliò le carte in tavola: Depero si arruolò come volontario, fu mandato sul Col di Lana, ma congedato dopo pochi mesi per motivi di salute. Il rientro a Roma fu l’occasione per preparare una personale dove espose oltre duecento opere tra quadri, sculture e complessi plastici.

«…CONOBBI IL VORTICE FUTURISTA ED I SUOI DIAVOLI CREATORI. IL MOTTO DI MARINETTI, MARCIARE E NON MARCIRE, M’INEBRIÒ…»

In questo periodo ampliò il suo giro di conoscenze: l’impresario di balletti russi Sergeij Diaghilev, che gli commissionò scenografie e costumi per un balletto, il ballerino Massine, il poeta Cocteau, Pablo Picasso, Larionov, la Gontcharova e il poeta decadente Gilbert Clavel, con cui rappresentò a Roma i Balli Plastici, dove attori e ballerini sono sostituiti da marionette.

La fine della Grande Guerra segnò anche il suo ritorno a Rovereto. Nel 1919 realizzò la “Casa d’Arte Futurista Depero”, un laboratorio creato a immagine e somiglianza dell’artista, dove si producevano tarsi in panno e collages, cartelli pubblicitari, mobili e suppellettili varie per decorare la nuova casa futurista. La carriera di Depero in questi anni ebbe un’ulteriore impennata. Rappresentò l’Italia a Parigi alla Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes; partecipò a diverse mostre, sia personali sia collettive; portò in scena spettacoli teatrali futuristi. Sino ad arrivare al 1927 quando uscì il Libro Bullonato, capolavoro dove Depero espresse tutta la sua creatività, raccontando la sua arte e sconvolgendo le regole tipografiche. New York lo accolse nel 1928 e nei due anni successivi cercò di riprodurre la Casa d’Arte Futurista anche nella Grande Mela.

Oltre a tenere delle personali, si dedicò all’arredamento d’interni (realizzò le decorazioni dei ristoranti Zucca ed Enrico and Pagliari, distrutte con la costruzione del Rockfeller Center), per il teatro creò scenografie, costumi e anche coreografie. Firmò anche molte copertine di importanti riviste, da “Vogue” a “Vanity Fair” al “The New Yorker”, e collaborò con molte agenzie pubblicitarie. Nella pubblicità Depero potè esprimere al meglio la sua creatività, plasmando le sue idee in qualcosa di immediatamente tangibile e reale. Gli anni dal 1924 al 1928 (prima della partenza per gli Usa) furono tra i più proficui in questo settore. Lavorò per diverse realtà e in diversi ambiti, tra le società che usufruirono della creatività di Depero si possono annoverare Richard Ginori, San Pellegrino, Linoleum, Rimmel e Campari.

Con quest’ultima ci fu un rapporto molto intenso, oltre a una massiccia produzione di materiale pubblicitario (un manifesto fu esposto alla Biennale di Venezia del 1926 e fu definito da Depero “quadro pubblicitario, non cartello”), creò la bottiglia triangolare del Campari Soda che diventò presto un simbolo di questa azienda. In questo caso Depero usò lo stesso prodotto per colorare la bottiglia, trasformando il contenuto in un elemento di design. Il ritorno da New York, l’ascesa del Fascismo (al quale si avvicinò pensando che politica e futurismo potessero interagire), il non trovarsi nell’Aereopittura Futurista (a New York il cielo lo toccò veramente dai grattacieli), la Seconda Guerra Mondiale lo portarono a isolarsi prima in Trentino, poi a tentare una nuova avventura americana (1948): il Futurismo era visto come arte troppo vicina al Fascismo e questo lo penalizzò. Negli Usa tentò senza successo di promuovere il Buxux, materiale reso famoso in patria dell’autarchia fascista, sconosciuto all’estero.

Dopo una sosta in Connecticut, dove ritrovò serenità, rientrò con la moglie in Italia. Negli anni Trenta e Quaranta la sua produzione artistica non fu mai interrotta, diminuì i lavori nel campo pubblicitario e incrementò la scrittura di testi. Espose le sue opere alla fine della Guerra a Milano. Alla fine del 1950, al ritorno della seconda avventura statunitense, scrisse il “Manifesto della pittura e plastica nucleare”. Furono anni intensi: espose a Milano, Venezia e Roma. Nel 1957 iniziò a realizzare il suo museo a Rovereto, naturalmente in stile futurista. Fu inaugurato nell’agosto del 1959. Fortunato Depero morì senza clamori l’anno successivo, il 19 ottobre 1960.