CHIARA BONALUMI
FELIX THE CAT, UN ESISTENZIALISTA
IL PARADOSSO QUANTICO
TESTO DI ELISABETTA RIVA – FOTO DI CLAUDIO TRASFORINI
Che nesso esiste tra Felix the cat, il paradosso del gatto di Schrödinger e l’esistenzialismo?
Ce lo racconta Chiara Bonalumi, artista concettuale milanese autrice di una collezione di 5 opere su foglio e 5 su tela, completamente fatte a mano, senza alcun ricorso al digitale – per la loro realizzazione ha utilizzato anche lettere ritagliate da giornali – che vedono come protagonista proprio il celebre gatto Felix.
Chiara, prima che un’artista, è un’appassionata filosofa i cui studi hanno per oggetto i filosofi esistenzialisti, Heidegger e Nietzsche in primis. È proprio tale corrente filosofica – o tale insieme di singole posizioni filosofiche che hanno come denominatore comune la responsabilità individuale, la libertà di scelta e, soprattutto, l’autenticità dell’esistenza – che le ha permesso di trovare molte risposte alle sue domande e che l’ha condotta a voler trasferire la filosofia nell’arte. Chiara ha creato un trait d’union tra la fisica teorica e la filosofia: Felix the cat è, infatti, connesso sia alla fisica teorica – in quanto gatto è proprio il gatto del paradosso di Schrödinger – sia all’esistenzialismo. Felix è noi, ognuno di noi durante la sua vita quotidiana. Perché ha dato vita a questo collegamento tra fisica teorica e filosofia? Per dimostrare che, contrariamente a quanto si possa ritenere e in opposizione a chi vuole la filosofia come sorpassata, in realtà fisica e filosofia sono inestricabili da sempre e che, proprio come avviene nella filosofia, anche nella fisica vi sono domande a cui non si riesce a dare una risposta. A dirla tutta, è proprio nella meccanica quantistica che la filosofia può acquisire la sua importanza: è per mezzo della filosofia, infatti, che si può giungere a comprendere i paradossi.
CORRENTE FILOSOFICA DELL’ESISTENZIALISMO
Più che di una corrente filosofica unitaria, si può parlare di un insieme di posizioni filosofiche singole, anche molto differenziate, variamente coinvolte nell’atmosfera di crisi e malessere individuali delle epoche e dei contesti in cui si manifesta. Risponde, quindi, solo in parte a una coscienza panica, universalistica o solidaristica, prevalendo in esso la riflessione sull’individualità, la solitudine dell’io di fronte al mondo, l’inutilità, la precarietà, la finitudine, il fallimento, l’assurdo dell’esistere.
IL PARADOSSO DEL GATTO DI SCHRÖDINGER
Si tratta di un esperimento mentale ideato nel 1935 da Erwin Schrödinger, con lo scopo di illustrare come la meccanica quantistica fornisca risultati paradossali se applicata ad un sistema fisico macroscopico. Andando decisamente contro il senso comune, esso presenta un gatto che, in uno stato noto come sovrapposizione quantistica, può essere contemporaneamente sia vivo sia morto, come conseguenza dell’essere collegato a un evento subatomico casuale che può verificarsi oppure no.
FELIX THE CAT
Felix the Cat (inizialmente chiamato Master Tom e noto in Italia anche come Mio Mao) è un personaggio immaginario creato nel 1917 negli Stati Uniti dall’animatore Otto Messmer modellato sulla figura di Charlot per lo studio di Pat Sullivan ed è uno dei grandi personaggi del cinema di animazione statunitense degli anni Venti protagonista di cortometraggi oltre che di una serie a fumetti pubblicata fino al 1967. Primo vero divo del mondo dell’animazione, ha raggiunto da subito un successo planetario.
Il paradosso del gatto di Schrödinger è collegato a uno dei principi fondamentali della fisica teorica, ossia il principio di indeterminazione di Heisenberg, che afferma che non è mai possibile misurare contemporaneamente e con esattezza velocità e posizione di una particella. In termini semplici, ciò significa che è impossibile conoscere i dettagli di un sistema senza perturbarlo – se si osserva un fotone bisogna illuminarlo, ma illuminandolo lo si perturba con altri fotoni – e che, di conseguenza, l’osservazione cambia la natura dell’osservato. È possibile spiegare il concetto con la metafora del ladro sorpreso di notte mentre ruba: se lo si illumina con una lampada, scappa per non farsi individuare, mentre se si resta al buio si seguiranno le sue azioni senza poterne conoscere l’identità.
Allo stesso modo, a livello filosofico non esiste una realtà oggettiva, ma solo una realtà soggettiva creata dall’uomo di volta in volta. Il mondo è tutto una percezione, ma non una palesazione e in un mondo di tal fatta l’uomo non è che un progetto gettato (Heidegger) in un mondo che non riesce a comprendere pur sforzandosi di capirlo. Gli uomini in questo mondo sono gettati come cani senza ossi – sono parole tratte da Riders on the Storm di Jim Morrison – ovvero individui senza risposte, in lotta con i loro disagi esistenziali a cui nessuno, né la religione, né la scienza, né l’astrologia o qualunque altra sorgente a cui essi si rivolgano, è in grado di dare risposte. Si naviga a vista. Una vista “suppergiù”.
Ma cosa deve fare, allora, l’uomo per sopravvivere su una zattera come progetto gettato? Non ha che da essere un Oltreuomo (Übermensch) nel senso nietzschiano del termine: accettare l’umano dolore e la sofferenza provando a superarli, non lasciandosi schiacciare da essi. È nella sofferenza che si cresce ed è solo attraverso il dolore che è possibile dare valore al giorno felice. Quanto manca alla vetta? Tu sali e non pensarci. Della salita ricorderai gli scalini. Del resto, nella vita, non è importante la destinazione, ma il viaggio: « Non so dove sto andando, ma sto andando» ha scritto Jack Kerouac.
Lasciar fluire la vita: solo questo conta. Non interrompere il suo inarrestabile flusso. La vita è il tempo, ma non nel tempo (Heidegger). E lo ha ben compreso Felix the cat che, nonostante tutto, è uno stoico ed è felice. Nomen omen: un destino nel nome.